martedì 5 marzo 2013

Oggetti '80s parte 2

I regali del Nesquik

Col sapor di cioccolato.. Oltre a "rendere il latte prelibato" col suo sapor di cioccolato, Nesquik era un dispensatore di fantastici regali, sempre interrati (o incioccolati?) in una bustina nel fondo del contenitore di plastica, tra cui riemergono i dischi volanti dei supereroi DC Comics (Batman, Superman..) e le monete romane di Asterix. I primi, erano dischetti di plastica con il simbolo del supereoe, che si potevano lanciare usando come leva uno stecchetto che andava meso in una fessura del disco, mentre le monete di Asterix erano fantastici pezzi di metallo contorto che rappresentavano gli imperatori romani e avevano un suntuoso raccoglitore per la imperitura conservazione...

Il dolce forno Harbert

Il regalo per la futura casalinga La Harbert, mitica casa produttrice di giocattoli, superò se stessa ed entrò nel mito col Dolce forno, che consentiva a tutte le bambine di improvvisarsi cuoche, e intanto le preparava a un futuro da casalinghe..Noi maschietti magari ridacchiavamo, ma non erano poche le volte che abbandonavamo le nostre macchinine sulla pista Polistil e aiutavamo le nostre sorelle e amiche a preparare qualche intruglio, che sarebbe dovuto diventare una torta paradiso, o una crostata...

Le sorprese delle patatine

Patatine e sorprese Come per il nesquik, le patatine non si compravano per il contenuto alimentare, ma per i piccoli regali che contenevano: ho ricordi di una specie di pipa in cui si soffiava per far restare in aria una pallina di plastica, per esempio, o di un tubetto di plastica in cui si soffiava e che tramite una piccola ventola produceva il classico suono "wooshhh..". E ancora, i glitters, le sorprese tutte brillantate che si attaccavano e staccavano dai vetri..ma soprattutto, ricordo le incredibili magliette delle squadre di calcio: erano sacchetti di plastica leggerissimi che si rompevano al minimo movimento, ma vuoi mettere la soddisfazione di indossare la maglia della tua squadra per la partita del pomeriggio? (ovviamente con il super tele...)

La girella Motta

Toro farcito difende le girelle Un fenomeno di marketing, prima che una merendina: con le avventure dell'allegra tribù di capo Toro farcito che difendeva le sue scorte di girelle dal Golosastro, un inetto criminale che mirava al tesoro degli scaltri pellerossa. Le loro avventure imperversavano su Topolino e anche in televisione, e in fondo poco contava che la girella in sè fosse buona o meno (a me il cacao risultava un po' troppo amaro), perchè quello che volevamo era sentirci parte della tribù di Toro farcito (pensa te, roba veramente da neuro..ma che volete farci? Siamo stati una generazione di ingenui creduloni..).

I pennarelli Carioca e i pastelli Giotto

I pennarelli Carioca Un'accoppiata imbattibile, per gli artisti in erba degli anni 80: i pennarelli Carioca, che avevano la caratteristica di produrre un fastidioso scricchiolio quando venivano utilizzati su fogli lucidi, e i pastelli Giotto, con la storia del pittore e della sua famosa "O" sul retro delle scatole, che finivano preda dei tremendi temperini dell'epoca. I pennarelli, poi, avevano il "vizio" di finire troppo presto (ci credo, mezzo foglio tutto colorato di blu per il cielo..) e di colorare anche grembiuli, vestiti e facce. Almeno per il problema dell'esaurimento, si ovviava con abbondanti spruzzate di alcool, che aveva il potere di ravvivarli, seppure per poco..

I trasferelli

i mitici trasferelli Ve li ricordate? Colpirono come un ciclone tutte le scuole d'Italia all'inizio degli anni 80: erano fogli trasparenti con delle immagini che si potevano trasferire su carta esercitando una pressione, con una penna o una matita, sulla parte superiore dell'immagine: lo stesso sistema con cui si attaccano adesso toppe e disegni con un ferro da stiro. Sempre tematici, potevano riguardare il mondo delle corse, la conquista dello spazio, un safari nella jungla...per noi ingenui bambini degli anni 80, erano uno strumento formidabile per stimolare la fantasia e la creatività, altro che i cellulari e le suonerie...

Le cabbage patch kids

Le bambole..del cavolo Lanciate da una massiccia campagna pubblicitaria, mi ricordo soprattutto nei programmi di Mike Bongiorno, che le glorificava come l'ultima novità dall'America, le cabbage patch kids avevano due particolarità: avevano un certificato d'adozione, che doveva stimolare l'istinto materno delle bambine, invitate a diventare le mamme delle bambole trovate sotto il cavolo, e..erano bruttissime!! Ma dico, pur con tutta la simpatia che il progetto poteva ispirare, le potevano fare un po' più carine, no? Ma volete mettere Ciccio bello...

Il Giornalino

Pinky sulla copertina del Giornalino E' stato un grande compagno della mia gioventù, molto più di Topolino, che pure non ha mancato di "frequentare". Ma nel Giornalino, oltre ai fumetti, c'erano gli inserti "Conoscere insieme", davvero un modo divertente di imparare le cose, c'erano i poster dei giocatori di calcio, i concorsi a premi, e anche i fumetti erano di livello: Tiziano Sclavi, prima di Dylan Dog, proponeva l'azione di "Altai & Johnson", il mitico Pinky di Mattioli, divertentissima escursione nella comicità surreale, e ancora Alfredo Castelli, e le bellissime storie di calcio di Giovetti. Ho passato 6-7 anni in compagnia del Giornalino, e quando ho smesso di comprarlo, ho capito che una parentesi della mia vita era finita, lo dico senza paura di esagerare..

La sigla dell'Eurovisione...

Va ora in onda da Bratislava.. In un'epoca in cui c'erano solo 2 canali in TV, la sigla dell'eurovisione aveva veramente un qualcosa di mistico, che quasi incuteva soggezione: nel mercoledi sera dedicato alle coppe europee di calcio, annunciava collegamenti con località esotiche come Craiova, Bratislava, Kiev, Birmingham...e lì le squadre italiane erano veramente in trasferta..palla lunga e pedalare, altro che pressing alto e ripartenze...Sembrava di collegarsi con la Luna, immagini molte volte poco illuminate, voce del telecronista (Pizzul, Martellini, Martino..) che scompariva all'improvviso, e tu lí a chiederti se non fossero stati rapiti dal KGB..Nelle fredde domeniche d'inverno, invece, la sigla dell'eurovisione ci metteva in contatto con Kitzbuhel, Kranjska Gora, Wengen..dove i resti della formidabile valanga azzurra prendevano legnate a destra e sinistra, in attesa dell'arrivo di un fenomeno emiliano..ma questa è un'altra storia...

..e quelle di 90° minuto e Supergulp

Paolo Valenti e company Con Paolo Valenti a guidare un gruppo di fenomeni del costume italiano come Tonino Carino, Giorgio Bubba, Castellotti, Vasino e l'inarrivabile Luigi Necco da Napoli, 90° minuto è stato un appuntamento cardine della programmazione televisiva degli anni 80, quando il massimo che si riusciva a vedere era la registrazione di un tempo di una partita giocata nel pomeriggio..e la sigla del programma annunciava a tutti, amici e parenti, che era ora di mettersi davanti al teleschermo. Così come, il giovedi sera su rai 2, la sigla di Supergulp (buca cica buca cica bu..super!! - fantastica!!) era il segno per noi bambini che era arrivata l'ora dell'Uomo ragno, del Gruppo TNT e degli altri fumetti-tti a puntate-te in TV!! Un momento irrinunciabile di riunione davanti al teleschermo, perchè il giorno dopo a scuola non si sarebbe parlato d'altro che di Nick Carter e dei suoi assistenti..ahh..come eravamo ingenui...

Il catch

Tiger Mask Altro che le fesserie del wrestling moderno: negli anni 80 c'era il catch, gli incontri duravano anche mezz'ora, erano pieni di tecnica e agonismo. Sabato pomeriggio, il mitico Tony Fusaro ci portava sui tatami giapponesi, dove gli eroi erano Tiger mask, Antonio Inoki, Tatsumi Fujinami, Animal Hamaguchi, Andre the giant, e dove Hulk Hogan faceva la figura dello sfigato di turno.
Giochi di corde dell'acrobatico Tiger, lacci californiani, prese da judo, mosse spaccatesta, che puntualmente noi gasatissimi ragazzini ripetevamo negli incontri casalinghi..che tempi..

I ghiaccioli a 150 lire

Il lemonissimo Un trio che ha imperversato per le mie estati: il lemonissimo, il fior di fragola, e il magic cola: 150 lire per comprare un ghiacciolo, o meglio un mix di acqua e coloranti vari..ma vuoi mettere, con 500 lire ne compravi 3 e ti avanzavano 50 lire per 2 gomme da masticare..E poi c'era anche "lo squalo" che lasciava la lingua blu, o il jumbo jet con lo stecco di liquirizia che ci lasciava le dita appiccicose..messi un po' da parte quando arrivò il mitico calippo, restano comunque uno dei ricordi più freddi delle mie vacanze..

E ancora..

Le crystal balls Le crystal balls, che si formavano soffiando in cannucce su pezzi di gomma nauseabonda tipo das, creando coloratisime bolle trasparenti che puntualmente rompevano i vasi di casa..la polverina di provenienza aliena che si metteva sulla lingua e frizzava e scoppiettava (per non parlare di chi ci beveva la coca cola, mamma mia, che rischiii..)... i portachiavi a moschettone tipo  filo arricciato del telefono..il tamburgioco - prendi prendi, quel gioco assurdo molto cinese...

Oggetti '80s

Il cubo di Rubik

Il diabolico cubo
Sei lati, ogni lato 9 quadratini colorati, e tutti i lati che si possono muovere sia in orizzontale che in verticale..vi sembra di ricordare, vero? 43.252.003.274.489.856.000 (si, proprio 43 miliardi di miliardi..) di possibili combinazioni, e una sola che portava al risultato agognato, tutte e 6 le facce del colore giusto, nello stesso momento! Uscito dalla mente malefica di un matematico ungherese, il cubo di Rubik é stato per noi ragazzi degli anni '80 quello che i Pokemon sono per i ragazzini di oggi, una mania, una febbre da cui non si poteva guarire. In tutti i formati e le dimensioni, ci giocavamo a tutte le ore, a scuola e fuori scuola, anche e soprattutto durante le lezioni..e mentre per molti l'unica soluzione possibile era quella di staccare i quadratini colorati e attaccarli dove serviva, ai campionati mondiali c'era chi lo completava in meno di 30 secondi

Il super tele

L'indimenticabile compagno di 1.000 partite
Dici Supertele e per noi maschietti degli '80 é come dire Barbie per le ragazze: un mito da venerare, un'icona indimenticabile del tempo che fu...venduto nell'immancabile cordicella tagliadita a 500 lire, il tele era più rassicurante della mamma, perché sapevi che anche a bucarne tre in un pomeriggio, si riusciva sempre a fare la colletta per comprarne un altro, e poi un altro ancora..caratterizzato dalla incredibile leggerezza, era il terrore dei portieri per le traiettorie impossibili che assumeva, magari dopo una puntata maligna dell'attaccante. Inutilizzabile negli spazi aperti e nei giorni di vento, quando veniva sostituito dal più solido Super santos, se non addirittura dal maestoso Tango, ha formato generazioni di rapaci dell'area piccola e di portieri falliti, che affogavano la disperazione per l'ennesima brutta figura con una gazzosa doppia..

Le sorprese del Mulino bianco

Le mitiche scatoline con le sorprese
Una geniale idea del marketing del Mulino bianco, queste scatoline a forma di contenitori di fiammiferi svedesi contenevano piccoli giochi, rompicapo, a volte carte da gioco, puzzle, segnalini e tabelloni per giochi tipo quello dell'oca, e centinaia di altri piccoli passatempi. Il fatto poi che si potesse collezionare le piccole scatole nel mitico sorpresiere, una bacheca con la porta trasparente, rese le sorprese del Mulino bianco un vero fenomeno di culto tra i ragazzini di tutte le età..

Il Vic 20 e il Commodore 64

Il computer che ha forgiato una generazione di ingegneri informatici
Il primo computer di decine di migliaia di futuri hacker, ingegneri informatici e quant'altro, che impararono i primi rudimenti del basic, il vic 20 (5 Kb di ram..), prodotto agli inizi degli anni 80 dalla Commodore, che vendette più di 2 milioni e mezzo di esemplari, introdusse al grande pubblico il concetto di computer per tutti, dato il suo prezzo contenuto. Fu sostituito dal 64, che sarebbe diventato il computer più venduto di sempre, in oltre 10 milioni di pezzi, molto più "potente" (64 Kb di ram), che introdusse un'intera generazione al divertimento videoludico, con i giochi che andavano caricati sulla memoria a cassette magnetiche esterna, e i quasi inevitabili problemi di caricamento ("load error"), almeno fino all'arrivo del mitico turbo loader..

I Quindici

La mia prima enciclopedia, i quindici
La mia prima enciclopedia, "I libri del come e del perchè", che avevano nomi del tipo "Come funzionano le cose", "Come le cose cambiano", "Cosa fanno gli uomini", e poi i volumi dedicati al mondo animale, e alle piante, allo spazio, ai luoghi del mondo, oltre ai due volumi più consultati dal sottoscritto, quello delle favole, riccamente illustrato (ricordo ancora quella dei "Tre capretti furbetti"..), e quello del corpo umano, che aveva un lucido che si poteva sovrapporre alla figura dell'uomo per riconoscere i muscoli e le ossa, troppo forte..E sapete una cosa? Ho imparato molto da questa enciclopedia che non si "dava un tono" ma era molto allegra, come i colori del dorso lasciavano prefigurare..dovrei averla ancora in soffitta..

Le BMX

Un volo acrobatico in bmx
Create in California negli anni '60, le bmx (abbreviazione per bicicletta da motocross) divennero famosissime solo agli inizi degli anni '80, quando si sviluppò una vera e propria cultura delle piccole, leggere biciclette con le ruote da 20 pollici, simile a quella, ad esempio, del surf. Adatte sia a evoluzioni acrobatiche che a gare sui dossi di sabbia dei percorsi del motocross, ebbero una grandissima spinta anche dal film "E.T.", in cui i piccoli protagonisti le utilizzano per volare via col loro amico extraterrestre. Poi abbandonate dall'utente comune, sono ancora molto utilizzate in gare di discesa e di freestyle.

Gli adesivi del Camel trophy

Il Camel trophy edizione australiana
Un'idea promozionale della Land Rover divenne presto per noi ragazzini sinonimo di avventura ed emozione..del resto, dei raid su jeep organizzati in paesi esotici come Sumatra, Papua Nuova Guinea, il Borneo, l'Amazzonia, non potevano non stimolare la nostra fantasia, e bastava appiccicare sulla bicicletta, e poi sui motorini, uno degli adesivi che si trovavano facilmente in giro per sentirsi parte di quell'avventura, anche se poi non ho mai saputo che fine abbiano fatto gli equipaggi italiani in gara..(ma in Borneo ci sono i cannibali?).

La Polaroid

La mitica Polaroid
La mitica macchina fotografica Polaroid, che rendeva inutile il passaggio dal fotografo per lo sviluppo delle foto, in quanto grazie al particolare meccanismo inventato dalla casa americana consentiva lo sviluppo immediato, sulla speciale carta che veniva caricata nella macchina. La magia di ottenere una foto immediata, dopo il classico sventolio che accelerava il processo di sviluppo rimane uno dei momenti più cari della nostra infanzia, e penso che tutti noi abbiamo qualche polaroid custodita in un album di ricordi..

Le figurine dei calciatori

Ce l'ho..mi manca..ce l'ho..
Non é tanto il fatto che ho imparato a leggere con l'album delle figurine, nè quei personaggi mitici che affiorano dal passato: Mozzini, Bet, Tavola, Frustalupi, Bini, Bachlechner.. Marocchino, Spinosi, Maldera (III), Cordova...e non sono nemmeno i pomeriggi passati a imparare l'arte della contrattazione per cercare di ottenere le 5 figurine che ti mancavano per finire l'album, o le infinite partite a rosso e bianco o a muro...e in fin dei conti, non è nemmeno il ricordo dei mitici doppi scudetti della serie C2, con squadre come il Casale, il Casarano, il Derthona, il Fanfulla...Niente di tutto questo, è l'odore delle figurine dei calciatori che mi fà stringere il cuore in un moto di compassione per un bambino che ormai è più di 20 anni indietro nel passato..l'odore, ragazzi..che meraviglia l'odore delle figurine Panini..per me sarà sempre l'odore degli anni 80...

Il Subbuteo

L'Argentina versione subbuteo
Quando non c'era ancora il fantacalcio, la fantasia degli incalliti tifosi in erba si esprimeva su un rettanglo verde di feltro, manovrando con abili colpi in punta di dita piccole figurine di calciatori attaccati a una base semisferica, il cui compito era portare in rete un pallone molto più grande di loro, superando un portiere che si muoveva attaccato a un'asta metallica. Non è stato tanto il semplice giocarci che ha reso il subbuteo un amico indimenticabile per moltissimi bambini di fine anni 70 e inizio anni 80, ma tutto quello che c'era intorno: la cura con cui si riparavano con la colla gli omini che si rompevano (in genere all'altezza delle ginocchia), la possibilità, quando si riusciva a mettere via qualche liretta, di comprare nuove amenità quali la figurina dell'arbitro, le tribune e i tifosi, addirittura le luci per le notturne o i giocatori fermi nell'atto di compiere una rimessa laterale, o battere un calcio d'angolo..e poi le squadre incredibili che si scoprivano, quando dalla scatola imparavi che la maglia neroazzurra non era solo quella dell'Inter o dell'Atalanta, ma anche del Pisa, o del Brugges, o di qualche squadra danese, e poi squadre esotiche come il Racing di Avellaneda, l'Independiente, il Penarol, Il Falkirk. Grande, un ricordo di quando il calcio era ancora solo uno sport e un motivo per sognare.

Le macchinine BBurago

La Ferrari Daytona scala 1:43
Mai stanchi di cartoni a quattro ruote, sfide sulle piste Polistil, automobiline caricate a "sparacini" che si lanciavano addosso al muro e producevano botti, noi ragazzini degli anni 80 vedevamo appagata la nostra voglia di velocità anche con le automobiline della BBurago, in particolare le mitiche 1:43, una scala di riduzione che le rendeva particolarmente pratiche da maneggiare per le sfide sulle piste nel salotto o in riva al mare, e che aveva anche il vantaggio di essere alla portata delle nostre piccole finanze dell'epoca. Uno degli oggetti più pubblicizzati sui giornaletti dell'epoca, in particolare su Topolino, introdusse molti al fascino del collezionismo, magari con le scale maggiori 1:24 o 1:18.

Technology "gli Antenati" part.3

 Il "primo" personal computer: l'Apple II (1977)

Nel 1977 nasce l'Apple II, il primo computer per il quale fu usata l'espressione personal computer ed il primo modello di successo di tale categoria prodotto su scala industriale.[4]

Steve Jobs e Steve Wozniak nel 1976 avevano già costruito nel loro garage l'Apple I, un computer che però poteva essere appetibile solo ad un pubblico di appassionati di elettronica. Jobs desiderava rendere l'informatica accessibile a tutti quindi, rielaborando il progetto dell'Apple I, misero tutta l'elettronica in una scatola di plastica beige comprensiva di tastiera, dando così forma al personal computer che utilizziamo ancora oggi.

Apple II era dotato di un microprocessore MOS 6502 funzionante alla frequenza di 1 MHz, la memoria RAM ammontava a 4KB (espandibili fino a 48-64KB), 8 alloggiamenti di espansione, un interprete "Integer Basic" su ROM, i codici dei caratteri alfanumerici erano memorizzati in una EPROM. Come memorie di massa erano utilizzati un registratore a cassette oppure uno/due drive per floppy disk da 5" 1/4, il posizionamento di finecorsa della testina di lettura non era gestito dal firmware, all'accensione, il richiamo a zero del carrello della testina durava un tempo fisso di sicurezza, pertanto era caratteristico il "grattare" dovuto al salto di passo del motore a passi del drive; una semplice aggiunta di un circuito logico costituito da flip flop da parte di hobbisti e appassionati, bastava a gestire il finecorsa.

Solo successivamente Apple Computer produsse il suo primo hard disk: il ProFile da 5 MB (il cui costo era inavvicinabile, il corrispondente di circa tremila euro). L'Apple II era interfacciabile con stampanti e modem.

Il sistema operativo era l'Apple DOS (la versione più diffusa fu la 3.3), poi sostituito dal ProDOS, i primi programmi erano rivolti per un uso da ufficio: Visicalc, Apple Writer, ScreenWriter ed AppleWorks che fu il primo integrato. I linguaggi: BASIC, UCSD Pascal, Assembler.

L'Apple II aveva un design accattivante, costava solo 1.195 dollari (escluso il monitor), ed era adatto anche per i videogiochi. Entro la fine del decennio la Apple sarebbe divenuta una società con crescite da record. L'adozione di componentistica standard unita alla relativa semplicità della scheda logica di questo modello, permise la nascita di vari cloni da parte di società anche italiane. Appassionati e hobbisti potevano assemblarsi da soli un modello identico, essendo in commercio il clone del circuito stampato anche privo di componenti.
Lo Xerox Star (1981)

Diretto successore dello Xerox Alto, lo Xerox Star è stato il primo computer venduto sul mercato ad essere dotato di interfaccia grafica a icone guidata da mouse e dotato di hard disk di serie. Il mondo dell'informatica deve moltissimo a questo computer, su cui sono stati elaborati programmi che poi hanno ispirato quasi tutti gli sviluppatori di quella generazione e anticipato la maggior parte delle soluzioni e degli standard oggi comunemente adottati.

Su Xerox Star nasce la metafora della scrivania virtuale con il paradigma di una GUI WIMP. L'utente dello Xerox Star già si trovava a manipolare unicamente i file di dati, perché le applicazioni di produttività erano già allora associate con i corrispondenti file. I documenti potevano essere posizionati sul desktop, archiviati o trascinati sul cestello in e out della posta elettronica. Si potevano addirittura organizzare le icone nel modo che si preferiva, ed era disponibile un set di comandi ridotto Star che poteva essere applicato a qualsiasi file di dati: Move, Copy, Open, Delete, Show, Properties e Same, cioè gli stessi comandi base, che compongono le principali voci di un odierno menu. Il sistema si caratterizzava anche per la coerenza grafica degli elementi a schermo. I designer dello Star infatti enfatizzarono l'aspetto grafico del desktop, delle icone e delle finestre.
Il PC IBM (1981)

Il 12 agosto 1981, IBM immette nel mercato il primo di una serie di personal computer che diventerà molto popolare: l'IBM 5150, meglio conosciuto come PC IBM.

Nella sua prima versione era dotato di microprocessore Intel 8088 a 4,7 MHz, con 16 KByte di RAM, espandibili a 640, senza disco rigido, con massimo due drive per floppy disk da 5.25" a 160Kb, un monitor a fosfori verdi e sistema operativo PC-DOS 1.0, sviluppato dalla Microsoft e ceduto in licenza all'IBM.

Il costo di questo PC era elevato (circa 3.000 dollari), la capacità di elaborazione bassa, la possibilità di gestire grosse moli di dati era legata all'acquisto di costosissimi dischi rigidi, o unità a nastro esterne. D'altra parte era una macchina solida e affidabile, che godeva di assistenza tecnica; era espandibile tramite un bus interno per schede di espansione, caratteristica che oltre al PC IBM solo l'Apple II allora possedeva. In una parola, mentre il resto degli home/personal computer di allora non riusciva a scrollarsi di dosso una certa immagine da "tecno-giocattoli", il PC IBM nasceva invece come una macchina "seria", con cui poter lavorare.

All'epoca fece furore, vendendo 50.000 pezzi in un mese e 200.000 in un anno, cifre enormi per il mercato dei computer di allora: l'economicissimo e contemporaneo Sinclair ZX80 vendette 70.000 unità in un anno. Anche se non era la miglior macchina tecnologicamente avanzata disponibile (vedi Apple II), l'esperienza e il nome dell'IBM, assieme all'aspetto austero e professionale del 5150, ne fecero lo standard de facto nell'industria del personal computer.
I cloni PC

Il successo di IBM non passò inosservato: le industrie informatiche delle "tigri orientali" (Taiwan, Singapore, etc.) si misero subito al lavoro per clonare il PC IBM. La clonazione, cioè la duplicazione, fu possibile poiché IBM forniva assieme al PC anche gli schemi elettrici, ed il listato del sistema operativo era facilmente ottenibile, i componenti utilizzati, chips di memoria, processore, unità a disco erano "standard" e disponibili per tutti.

Il passo per la produzione industriale dei cloni fu brevissimo. In pochi anni il mondo fu invaso da enormi quantità di PC clonati, dalle prestazioni sempre più brucianti e dai costi sempre più bassi.
Intel e Microsoft

Al centro di questo business c'era e c'è ancora una ditta di semiconduttori: Intel. Fondata nel 1968 da Gordon Moore, famoso per la sua legge sull'evoluzione del numero di transistor integrati nei microprocessori, equipaggiava praticamente tutti i PC prodotti, fino a quando i cloni di AMD e Cyrix cominciarono ad insidiarne il mercato.

La Microsoft controllava il mondo dei sistemi operativi per la famiglia dei microprocessori Intel, diventando nel tempo la più potente software house del mondo. Il duopolio Microsoft e Intel ha suggerito la coniazione del termine WinTel dall'unione di Windows e Intel. Questo duopolio controllava il 90% del mercato informatico mondiale nella fascia ufficio e privato, mentre per i server e la grafica ad alto livello (tipo IRIX della SGI) i vari Unix hanno sempre avuto buona diffusione, così come per l'editoria e l'education la Apple e i Macintosh erano i preferiti.
La seconda rivoluzione di Apple: il Macintosh (1984)
Exquisite-kfind.png     Per approfondire, vedi le voci Apple Macintosh e Mac OS.
Macintosh

Nel 1984 la Apple produce il secondo passaggio evolutivo che porta agli attuali personal computer. Dopo l'insuccesso dell'Apple Lisa, che, nel 1983 fu il primo computer (commerciale e su larga scala) dotato di serie di interfaccia grafica e di mouse, troppo costoso, e con un design poco appariscente, l'azienda di Cupertino (California) decide di ritentare l'impresa col Macintosh, decisamente più elegante nel design e nell'approccio all'interfaccia grafica. Nasceva così il concetto WIMP: Windows Icons Mouse and Pointer (o secondo altri Pull-down menu).

Presentato con uno spettacolare spot televisivo che si ispirava al Grande Fratello di Orwell (ma alludendo anche all'azienda di computer dominante a quel tempo, IBM), il primo modello di Mac fu messo in vendita al prezzo di 2.495 dollari.

Il Macintosh ottenne un successo di mercato senza precedenti, grazie al suo approccio amichevole (user-friendly) e alla facilità d'uso del suo sistema operativo, il Mac OS. L'interfaccia grafica (GUI) usava per la prima volta metafore facili da comprendere, quali il cestino, la scrivania, le finestre, gli appunti ecc. aprendo finalmente l'uso del computer anche a persone con limitate conoscenze informatiche.

In seguito al successo mondiale del Macintosh, molte di queste caratteristiche innovative furono mutuate dalla Microsoft nella creazione del proprio sistema operativo Windows, scatenando una battaglia anche legale durata oltre un decennio.
L'alfabetizzazione informatica: gli home computer (1977-1990)
Commodore 64 (1982)

Prendendo spunto dal successo commerciale dell'Apple II e dell'Altair 8800, altre ditte cominciarono a costruire e vendere i primi home computer, ovvero la seconda generazione dei microcomputer, che viene fatta risalire al 1977 e che avrà notevole popolarità fino alla fine degli anni 1980. Tra i modelli di home computer più famosi, diffusi o innovativi possiamo elencare (in ordine cronologico):

    Olivetti P6040 (il primo basato sul microprocessore 8080 e dotato di floppy disk da 2.5 pollici, programmabile in Mini BASIC) e il Olivetti P6060 (aprile 1975)
    Apple II (giugno 1977) (spesso citato come il primo personal computer; il primo con grafica a colori e foglio di calcolo)
    Tandy Radio Shack TRS-80 (agosto 1977) (il primo home computer acquistabile per meno di 600 dollari)
    Commodore PET (dicembre 1977) (il primo computer integrato: tastiera/schermo/memoria di massa a nastro magnetico)
    Atari 400/800 (1979) (all'avanguardia per capacità grafiche, sonore e possibilità di espansione)
    Sinclair ZX80 (1980) (il primo computer Della Sinclair, venduto anche in kit da assemblare, con lo slogan "il primo personal computer al di sotto dei 200$" ha venduto oltre 5.000 unità contribuendo ad un inaspettato inserimento dei personal computer nelle case Inglesi, e non solo, dell epoca.)
    Commodore VIC-20 (1980) (il primo computer al mondo ad essere stato venduto in oltre un milione di unità)
    BBC Micro (1981) (il principale computer a scopo educativo nel Regno Unito per un decennio; BASIC avanzato)
    Sinclair ZX Spectrum (aprile 1982) (il più venduto home computer britannico; ha "creato" l'industria del software nel Regno Unito)
    Commodore 64 (settembre 1982) (il più venduto modello di computer di tutti i tempi: più di 17 milioni di unità)[5][6]
    Apple Macintosh (1984) (il primo home/personal computer basato su una interfaccia grafica; il primo a 16/32-bit)
    Atari ST (1985) (il primo home computer con interfaccia MIDI integrata; anche con ½MB RAM a meno di 1000 dollari)
    Commodore Amiga (giugno 1985) (il primo home/personal computer basato su una interfaccia grafica a colori che impiega il preemptive multitasking per la gestione dei processi e la prima implementazione di "Plug&Play" per ciò che concerne la gestione delle periferiche)

Alcuni dei sistemi di questo tipo erano troppo limitati per essere definiti personal computer o microcomputer, tuttavia ebbero successo come console per i videogiochi. In particolare il Commodore 64 rimane nella storia per diffusione e quantità di programmi anche gestionali. La diffusione di questi sistemi è stata comunque enorme, contribuendo all'allargamento dell'alfabetizzazione informatica e fornendo la base per la successiva diffusione dei personal computer.
Amiga (1985)

L'amiga 1000 il primo modello della famiglia

Amiga è una piattaforma informatica originariamente ideata da una piccola compagnia americana chiamata Hi-Toro. Questo gruppo d'informatici ed ingegneri inizialmente voleva creare una macchina da gioco dalle grandi capacità grafiche e sonore. In seguito, man mano che il progetto avanzava, Hi-Toro incorporò alla proto-consolle caratteristiche proprie di un personal computer multimediale coordinate da un elegante sistema operativo, AmigaOS che già allora offriva un reale preemptive multitasking. Era il 23 luglio 1985 quando venne mostrato al mondo l'Amiga 1000 da Andy Warhol. Nacque così la piattaforma che fu soprannominata "Advanced Multitasking Integrated Graphics Architecture", in breve AMIGA.

La Hi-Toro fu poi acquisita, insieme al progetto Amiga, da una famosa casa produttrice di personal computer, la Commodore, la quale commercializzò il prodotto dall'ottobre del 1985. Date le eccezionali caratteristiche di Amiga per l'epoca, la piattaforma raccolse un notevole seguito tra gli esperti e gli appassionati di informatica che si distinsero per un notevole spirito di comunità.

Tuttavia una serie di errori strategici e lo scarso interesse degli amministratori di Commodore verso Amiga portarono alla bancarotta dell'azienda che andò in liquidazione volontaria nell'aprile del 1994, con conseguente vendita della tecnologia Amiga ad una serie di aziende specializzate in personal computer che non seppero rivalutarla adeguatamente: di fatto la piattaforma finì per essere sostenuta prevalentemente da una schiera di affezionati utenti e programmatori, i quali riuscirono a mantenere vivo il sistema sino ai giorni nostri.

Nei primi anni del terzo millennio Amiga ha affrontato una lenta rinascita grazie all'impegno di Amiga Inc., l'azienda che attualmente detiene i diritti sulla piattaforma. Amiga Inc. ha concesso in licenza alla casa produttrice Eyetech la fabbricazione delle schede madri AmigaONE basate sull'architettura PowerPC, ed alla software house Hyperion lo sviluppo di una nuova versione del sistema operativo AmigaOS.

Al 2009 l'unico hardware Amiga-compatibile correntemente prodotto è italiano: si tratta dei sistemi Sam440ep, Sam440ep flex, Sam460ex e Minimig della ACube Systems.
Windows (1985)
Il logo di Windows nel tempo
Exquisite-kfind.png     Per approfondire, vedi la voce Storia di Microsoft Windows.

Nel 1984 Microsoft iniziò ad annunciare l'arrivo di Windows, un'interfaccia grafica che avrebbe applicato al suo sistema operativo MS-DOS che era venduto con i PC IBM e compatibili dal 1981. Microsoft aveva creato l'interfaccia utente, all'inizio conosciuta col nome Interface Manager, seguendo i prototipi di interfaccia grafica della Xerox e seguì la strada intrapresa dalla Apple con il suo Macintosh.

L'azienda aveva potuto studiare questa macchina dal 1981 in quanto per lo sviluppo di software (come Excel) aveva avuto a disposizione parti di codice sorgente e la documentazione delle API.

Technology "gli Antenati" part.2

 Il Memex (1932)

Tra gli antenati del personal computer, prima ancora dell'avvento dell'era digitale, citiamo anche il progetto Memex. Si trattava di un sistema di archiviazione ideato dallo scienziato e tecnologo statunitense Vannevar Bush negli anni 1930 e mai realizzato.

Il memex (dalla contrazione di memory expansion) era un sistema nel quale un singolo individuo avrebbe potuto registrare i propri libri, il proprio archivio e le proprie comunicazioni personali, meccanizzato in modo da poter essere consultato con eccezionali velocità e versatilità, una sorta di estensione privata della sua memoria. Le sue caratteristiche rivoluzionarie ne fanno un antenato dell'odierno personal computer. Era un dispositivo di tipo elettro-ottico, che all'epoca rappresentava la più avanzata e promettente forma di archiviazione delle informazioni. Il memex era descritto come una scrivania dotata di schermi traslucidi, una tastiera, un set di bottoni e leve.

La "Bomba" polacca (1938)

Per dovere storico va ricordato il calcolatore denominato Bomba, progettato nel 1932 e realizzato nel 1938 dal matematico polacco Marian Rejewski per decifrare i messaggi tedeschi prodotti dalla macchina Enigma ideata da Arthur Scherbius. La bomba tuttavia era una "macinanumeri", ossia un calcolatore che usava il metodo forza bruta, e che non permetteva alcuna diversa programmazione, se non tramite riassemblaggio e modifiche al meccanismo. Tale calcolatore polacco venne poi sfruttato come base di partenza per lo sviluppo e la realizzazione della macchina britannica Colossus nel 1944, dopo che il regime tedesco ebbe cambiato il sistema di codifica dei messaggi della macchina Enigma.

Lo Z1 (1939)

Nel 1939 Konrad Zuse (1910-1995) costruì lo Z1, primo di una innovativa serie di calcolatori elettromeccanici basati sul sistema binario e programmabili, funzionanti prima a memorie meccaniche e poi a relè (Z2, Z3). La macchina presentava una struttura già del tutto analoga a quella dei computer moderni, con la distinzione tra unità di memoria ed unità di calcolo, e funzionava alla velocità di clock di un solo Hertz, generata da un motore elettrico. Gli studi di Zuse e quelli di John Vincent Atanasoff, inventore della memoria rigenerativa, furono la base principale per l'elaborazione dell'architettura di von Neumann. Il convegno internazionale di Informatica del 1998 riconobbe a Konrad Zuse con il suo "Z1" il ruolo di inventore del primo computer programmabile funzionante della storia.
L'ABC (1939)

Nel 1939 il Dr. John Vincent Atanasoff e Clifford E. Berry dell'Iowa State University costruiscono l'Atanasoff Berry Computer (spesso chiamato ABC), il primo computer digitale totalmente elettronico; rappresenta uno dei maggiori passi avanti della storia dei calcolatori. L'Atanasoff-Berry Computer introdusse molte innovazioni nel campo dei calcolatori. Introdusse i numeri binari in un computer digitale (lo Z3 utilizzava i numeri binari ma era un calcolatore elettromeccanico) e la loro gestione, il calcolo parallelo le memorie rigenerative e una separazione tra dati e istruzioni.

Un computer era considerato una specie di macchina per fare i conti superveloce, la naturale evoluzione delle calcolatrici usate durante la seconda guerra mondiale. Era normale perforare una serie di schede per fornire non solo l'input, ma anche i rudimenti di quello che oggi prende il nome di sistema operativo.

Questi primi calcolatori erano molto lenti, ed era normale che il risultato del calcolo venisse presentato varie ore, se non giorni, più tardi. Tra un input e l'altro, inoltre, il computer rimaneva inattivo, proprio come una macchina calcolatrice.

Il primo computer Turing-completo basato sul sistema numerico binario e totalmente programmabile fu lo Z3, costruito in Germania da componenti riciclati di telefonia dal già citato Konrad Zuse, che lo realizzò praticamente da solo, nel 1941. Lo Z3 venne poi distrutto in un bombardamento dagli Alleati, e per molti anni ne è stata ignorata perfino l'esistenza; di conseguenza il primato di primo computer della storia è stato ingiustamente riconosciuto alla macchina statunitense "ENIAC".

Abbiamo poi il citato Colossus, costruito nel 1944 presso il GCHQ di Bletchley Park nel Buckinghamshire come parte del programma condotto da Alan Turing con l'aiuto dell'esperto in centralini telefonici T. H. Flowers. Faceva parte del progetto bellico per decifrare i messaggi tedeschi prodotti da Enigma. A Bletchley Park, non lontano da Londra, erano stati raccolti centinaia di esperti di enigmistica, maestri di scacchi, matematici, meccanici di precisione ed elettrotecnici: lo scopo era di cercare di interpretare i circa 2.000 messaggi segreti intercettati ogni giorno al nemico, molti provenienti addirittura da Adolf Hitler. I risultati furono importanti, tanto che negli anni successivi si continuò a migliorare l'apparato e a costruirne di nuovi, fino ad avere ben 211 macchine operative nel maggio del 1945, con 2000 tecnici che le assistevano. Il progetto era talmente segreto, che Winston Churchill ne ordinò la distruzione alla fine della seconda guerra mondiale. Solo negli anni novanta, in seguito alla declassificazione dei relativi documenti, si è giunti a conoscenza della sua esistenza. Anche questa macchina era Turing-completa.

Vennero poi gli enormi calcolatori a valvole realizzati a fini bellici dall'Esercito degli Stati Uniti tra il 1944 e il 1951, quali il già citato "ENIAC", l'EDVAC (il primo dotato di programma memorizzato) e l'UNIVAC I (il primo ad essere commercializzato). L'"ENIAC", che godette di una presentazione "hollywoodiana" che suscitò molto scalpore (anche per i grandi effetti luminosi), influenzò gran parte della cinematografia di fantascienza e diede origine alla definizione di "cervello elettronico".[2] Fu poi la volta dell'EDSAC, il primo dotato di caratteri alfabetici (ma privo di tastiera, che venne inventata nel 1956). Nel 1950 venne realizzata la prima unità a nastro e venne concepita l'idea di interfaccia a schermo (che sarà però prodotto la prima volta solo nel 1965). Nel 1954 la Texas Instruments iniziò a produrre in serie i transistor, che erano stati utilizzati in un computer per la prima volta nel 1947, mentre il primo computer totalmente transistorizzato fu il TX-0 del 1956. Sempre nel 1956 venne creato il primo hard disk.
"Whirlwind", il simulatore di volo (1951)

Fin dagli inizi, però, vi fu un'eccezione alla regola del "macinanumeri": la Marina Militare degli Stati Uniti finanziò nel 1944 un progetto del Massachusetts Institute of Technology volto a realizzare un simulatore di volo, completamente elettronico.

Il risultato di questi sforzi fu Whirlwind, il primo computer che reagiva in tempo reale alle azioni dell'utente (il pilota), invece di attendere l'input e dare risposte. Jay Forrester, a capo del progetto, comprese che l'importanza di avere un computer che potesse reagire in tempo reale superava quella del simulatore di volo.

Forrester convinse la Marina ad ampliare il progetto, nel 1948, per realizzare un computer general purpose. Ottenne un milione di dollari l'anno, e nel 1951 presentò la versione definitiva di Whirlwind: otto armadi di valvole.

Le prestazioni, per l'epoca, erano eccezionali, essendo paragonabili a quelle dei personal computer dei primi anni ottanta, quali ad esempio quelle del TRS-80. Fu anche il primo computer ad essere utilizzato, in qualche modo, come personal computer: ci si prenotava per 15 minuti di utilizzo e si potevano scrivere e poi lanciare dei programmi, compiere simulazioni e altro ancora.
Nascita del SAGE (1956)

Tuttavia la Marina non era più interessata al progetto, e minacciava di tagliare i fondi. Ciò che impedì la chiusura del progetto furono i test nucleari compiuti dall'Unione Sovietica, iniziati nell'agosto 1949. L'Aeronautica Militare degli Stati Uniti, temendo un attacco a sorpresa con bombardieri a largo raggio, commissionò al MIT un sistema di allarme interamente basato sulle tecnologie più avanzate, in cui computer come Whirlwind coordinassero la sorveglianza radar e il puntamento dei bersagli.

Il 20 aprile 1951 Whirlwind dimostrò la fattibilità del progetto, tracciando le rotte di tre aerei dai dati acquisiti tramite i radar e calcolando le traiettorie d'intercettazione in modo da portare l'aereo "difensore" entro un chilometro dagli "aggressori". La macchina divenne dunque il cardine del Progetto Lincon, il quale portò nel 1956 alla nascita di SAGE: Semi-Automatic Ground Environment.

Il SAGE era un sistema dislocato su tutto il territorio continentale degli USA, con 23 centri operativi, ognuno dei quali era dotato di due computer, anche se poteva funzionare con uno solo, e poteva ospitare fino a 50 operatori. Il sistema non venne mai impiegato in combattimento e fu dismesso nel 1984.

La creazione di SAGE portò alla nascita della Silicon Valley dell'Est, in quanto il Progetto Lincoln divenne il Laboratorio Lincoln e fu spostato a Lexington, vicino Boston nel 1952: ben presto, altre organizzazioni high-tech lo seguirono. Inoltre, SAGE favorì l'inserimento della tecnologia resa disponibile da Whirlwind nel mondo degli affari: l'IBM, forte dell'esperienza derivante dall'essere il principale fornitore di computer del programma, creò un sistema di biglietteria nazionale in tempo reale per l'American Airlines.

Il sistema divenne operativo nel 1964 col nome di SABRE, Semi-Automatic Business-Related Environment, che divenne il riferimento per tutti i sistemi successivi di transazioni sul punto vendita.

Sempre IBM, nel 1955, iniziò ad utilizzare memorie a nuclei di ferrite, molto più economiche di qualunque altro metodo di immagazzinamento di dati binari dell'epoca, tanto che furono sostituite dai chip di memoria solo negli anni settanta.
CEP - la prima calcolatrice elettronica italiana
Exquisite-kfind.png     Per approfondire, vedi la voce Calcolatrice Elettronica Pisana.

Nel 1957, il Centro Studi dell'Università di Pisa realizza la macchina pilota, in scala ridotta, della Calcolatrice Elettronica Pisana (CEP). Il progetto, interamente italiano, nacque dall'esigenza di disporre di una calcolatrice elettronica per la ricerca scientifica e dalla contemporanea difficoltà finanziaria di acquisto. Fu Enrico Fermi a lanciare l'idea di costruirne una in casa, sfruttando parte dei finanziamenti per il sincrotrone di Frascati. L'organizzazione e sviluppo del progetto è dovuto in particolare a Marcello Conversi, Direttore del Dipartimento di Fisica, e Alessandro Faedo, matematico, poi Preside della facoltà di Scienze.
Contribuì al progetto anche Olivetti, che da quel progetto trasse lo spunto per lo sviluppo del calcolatore ELEA.
Simbiosi uomo-macchina (anni sessanta)

Se nel 1958 vi erano 2.500 computer negli Stati Uniti, essi salirono a 6.000 nel 1960, per salire a 20.000 nel 1964 e 63.000 nel 1969.[senza fonte] Con un articolo del 1960 dal titolo Man-Computer Symbiosis, lo psicologo Joseph C.R. Licklider espone le sue idee sull'interazione tra la logica algoritmica dei computer e quella euristica umana. Licklider aveva partecipato al progetto SAGE, e riteneva che il vero SAGE dovesse comprendere una rete di "centri di pensiero", in cui al posto dei radar ci fossero terminali interattivi, in grado di interfacciarsi con dei computer contenenti vaste biblioteche.

Con il Progetto MAC del MIT, cominciò a studiare gli effetti dell'impiego dei computer su vasta scala: anche se non era possibile affidare una macchina a chiunque, dato il costo, si potevano comunque installare terminali interattivi, che grazie al time-sharing consentivano a molti utenti in contemporanea l'accesso alle risorse del computer centrale.

Assunto dall'Advanced Research Projects Agency (ARPA) nel 1962, Licklider continuò il suo progetto coi fondi del Pentagono, dando vita alla prima comunità virtuale intorno al 1965. Il progetto MAC aveva i suoi bulletin-board, uno scambio di freeware e naturalmente i suoi hacker.

Douglas Engelbart, all'epoca ingegnere in una società di Menlo Park, California, aveva sviluppato idee simili a quelle di Licklider, ma i suoi capi erano rimasti scettici. Dopo aver letto alcuni suoi scritti pubblicati nel 1963, Licklider cominciò a finanziare le ricerche di Engelbart, in quanto riteneva perseguissero i medesimi scopi. Grazie ai fondi dell'aeronautica, della NASA e dell'ARPA, Engelbart realizzò quanto mancava alla nascita del moderno personal computer: il mouse, le "finestre" di dialogo, la videoscrittura a tutto schermo, l'ipertesto, l'aiuto sensibile al contesto, e molto altro.

Nel 1962 viene creata la tastiera Teletype, con cui viene equipaggiato il CDC 3600. Nello stesso anno viene concepito il concetto di time sharing e creata la prima sketchpad. L'anno seguente viene ideato il codice ASCII
Il PDP-1 (1960)
Immagine di un PDP 1

I 15 minuti messi a disposizione su Whirlwind ispirarono tra i più giovani utilizzatori del sistema a realizzare macchine che permettessero a chiunque di sfruttare la potenza della nuova tecnologia.

Fu così che due di loro, Kenneth Olsen e Harlan Anderson, misero su nel 1957 un piccola società per commercializzare computer interattivi: la Digital Equipment Corporation (DEC).

Il mercato, però, rimase diffidente: il primo elaboratore programmabile immesso sul mercato dalla DEC, il PDP-1 del 1960, vendette solo 49 esemplari. Un numero rispettabile per l'epoca, ma tutt'altro che il boom spettacolare che ci si potrebbe attendere ai giorni nostri.

Il PDP-1 tuttavia fu tecnicamente un successo: aveva un monitor a tubo catodico integrato, poteva trovare posto in una piccola stanza e forniva una rispettabile potenza di calcolo per il suo costo di "soli" 120.000 dollari.

Ma, cosa molto più importante, lo standard del PDP-1 era aperto: tutti i dettagli costitutivi erano a disposizione, in modo da fornire agli utenti "avanzati" la possibilità di personalizzare o migliorare la macchina in caso di necessità: cosa che, per inciso, avvenne puntualmente.
Dalla stanza del computer al computer da tavolo (1965)
PDP-8 (National Museum of American History a Washington, D.C.)

Dato il "successo" del PDP-1, a partire dal 1964 la DEC puntò a realizzare un computer usufruibile da parte di piccoli gruppi o da singole persone. Basandosi su LINC, un progetto sperimentale del Lincoln Laboratory, e sfruttando la rapida evoluzione delle componenti elettroniche e di archiviazione, nell'aprile del 1965 fu immesso sul mercato il primo esemplare del PDP-8.

Incredibilmente piccolo e leggero per l'epoca, e con un prezzo di 18.000 dollari, il PDP-8 cominciò ben presto a fare bella mostra di sé in decine di laboratori e addirittura nelle scuole. Fu il capostipite della famiglia dei cosiddetti minicomputer, il cui nome fu coniato nei laboratori londinesi della DEC parafrasando l'indumento più in voga all'epoca: la minigonna.

Il PDP-8 scatenò la corsa al computer sempre più piccolo e più potente, tanto che a metà degli anni settanta la DEC e le sue concorrenti cominciarono a penetrare nel dominio finora incontrastato della IBM: i mainframe.

Nel 1969 vi erano 63.000 computer negli Stati Uniti. Nel 1973 il loro numero salì a 105.000; in Italia 4.400 (1969:2.500).

Già nel 1964 per altro la Olivetti aveva concluso un progetto ancora più rivoluzionario: un computer dalle dimensioni simili a quelle attuali (dim: 48x61x19 cm): Olivetti Programma 101. Presentata alla fiera di New York del 1965, riscosse un notevole interesse ed ebbe un buon successo di vendita grazie anche al suo costo relativamente limitato (3.200 dollari, contro i 25.000 di un PDP-8) e alla sua programmabilità senza l'intervento dei tecnici: in pochi anni ne furono venduti 44.000 esemplari in tutto il mondo, il 90% dei quali negli Stati Uniti. Le caratteristiche della macchina, potenzialmente rivoluzionarie, non vennero però percepite dai vertici aziendali Olivetti, orientati ancora alla promozione della propria tecnologia meccanica. Il brevetto su soluzioni tecniche adottate dal P101 fu violato dalla società statunitense Hewlett Packard con la sua HP9100; ammettendo il fatto, l'HP accettò nel 1967 di versare 900.000 dollari di royalties alla Olivetti. Dei circa 44.000 modelli venduti ne esistono soltanto 8 ancora funzionanti. Si trattò di fatto del primo vero e proprio personal computer.[3]
Olivetti

Dopo la citata Olivetti Programma 101, anche negli anni '70, nei laboratori di Ricerca & Sviluppo della Olivetti in via Jervis ad Ivrea, giovani ingegneri e diplomati, non stanno a guardare: nell'aprile 1975 alla fiera di Hannover, viene presentato il P6060, primo personal al mondo con floppy disk incorporato. Unità centrale su due piastre, nomi in codice PUCE1/PUCE2, realizzata con componenti TTL, driver per floppy disk da 8" singolo o doppio, display alfanumerico al plasma da 32 caratteri, stampante termica grafica a 80 colonne, 48 Kbyte di RAM, linguaggio Basic, 40 chilogrammi di peso. Era in concorrenza con un prodotto IBM simile ma dotato di floppy disk esterno. Nel successivo prodotto, l'M20 (1982) l'azienda adottò per la prima volta il microprocessore.

Lo Xerox Alto (1970)

Dai laboratori Xerox di Palo Alto nel 1970 nasce un progetto molto in avanti sui suoi tempi, che vedrà la prima luce due anni dopo, nel 1972: lo Xerox Alto. Prodotto dal Palo Alto Research Center (PARC), è il primo computer nella storia ad essere dotato di un display bitmap a finestre con capacità di sovrapposizione, connesso alla prima stampante laser, collegato alla prima rete Ethernet in local area network (LAN), e dotato del primo linguaggio orientato ad oggetti: lo Smalltalk. Lo Xerox Alto rimarrà un concept computer, ma darà il via al progetto Xerox Star (1981), il primo computer in assoluto sul mercato dotato di interfaccia GUI a icone, con mouse, i cui concetti e le cui soluzioni ispireranno tutto il mondo dell'informatica di là da venire. Apple Lisa e poi il Macintosh, Microsoft Word e Microsoft Windows, Xerox Ventura, l'interfaccia GEM, eccetera, sono tutti debitori in vario modo dello Xerox Star, diretto discendente dello Xerox Alto.
Computer fatti in casa: i microcomputer (1975)
Altair 8800

Contemporaneamente, il fascino del "fai da te" dell'elettronica venne contagiato dalla febbre dei computer: il numero ormai storico di Popular Electronics del gennaio 1975 mostrava in copertina una scatola celeste con sopra interruttori e led e il nome in alto a sinistra: Altair 8800.

Il kit, del costo di 397 dollari, poteva essere ordinato presso la MITS di Albuquerque, ed era basato sul processore Intel 8080. L'8080 aveva tutta l'unità centrale di elaborazione (Central Processing Unit, CPU) in un solo chip, ed era dunque il primo microcomputer a prezzi accessibili alle fasce popolari. Tuttavia, Altair era concepito come un minicomputer: ne aveva l'aspetto, usava le stesse periferiche e soprattutto ne aveva l'architettura aperta.
Il primo personal computer Italiano (1975)

Nel 1975 è stato realizzato a Torino il primo microcomputer con tutte le funzioni tipiche dei personal computers, il nome era MD 800 ed è stato realizzato da due giovani ingegneri che fondarono nel 1976 la società DMD per produrre questi personal computers. L’MD 800 era dotato di processore Intel 8080, 8 KB di RAM, 4 KB di EPROM, Monitor monocromatico con 25 righe da 80 caratteri, Tastiera estesa con 52 tasti alfanumerici 12 tasti numerici e 18 tasti funzione, Interfaccia per doppio floppy 8” da 256 K, Interfaccia per lettore e perforatore di nastri, Interfaccia seriale, Interfaccia stampante, Sistema operativo sviluppato in Assembler 8080 con gestione files compatibile Digital PDP-11.

La nascita dei computer (1975-1976)

Spacewar! il primo videogioco, girava su PDP-1

In seguito, la MITS sviluppò un linguaggio di programmazione ufficiale per l'Altair, ispirato al Basic della DEC per il PDP-11. Ispirati dal numero di gennaio di PE, nella primavera del 1975, due giovani delle parti di Boston crearono il Basic di Altair. Uno di loro, Paul Allen, faceva il programmatore, mentre un suo compagno delle superiori, Bill Gates, era uno studente ad Harvard. Terminato il prodotto, Allen lasciò il lavoro, e insieme con Gates fondò una piccola società, la Microsoft, per commercializzare il Basic.

Le oltre 10.000 copie vendute di Altair ispirarono la nascita di circoli di appassionati (hacker), come l' Homebrew Computer Club, la cui prima riunione si tenne a Palo Alto, in California, nel marzo 1975. Due dei membri del club erano fermamente convinti che per avere davvero successo, il computer dovesse diventare un elettrodomestico, in grado di funzionare appena tolto dalla scatola e inserita la spina. Fu così che nel 1976 Steve Wozniak e Steve Jobs, amici di vecchia data, crearono la Apple

Technology "gli Antenati" part.1

il più antico strumento di calcolo usato dall'uomo, le prime macchine costruite per effettuare meccanicamente operazioni di calcolo, tali che ad un variabile input dell'utente producessero un corrispondente output come effetto di un processo dei dati immessi determinato da una regola matematica o logica, sono molto antiche.
Le prime importanti esigenze di calcolo riguardarono principalmente l'astronomia, e per altro verso ad applicazioni estremamente pratiche come quelle per la navigazione marittima.
la macchina di Anticitera (nota anche come meccanismo di Antikythera), dal nome dell'isola dell'Egeo dove fu ritrovata, fu presumibilmente realizzata intorno al I secolo a.C. Consisteva in un piccolo congegno meccanico, per l'epoca molto sofisticato, capace di riprodurre il moto del Sole e di alcuni altri astri, sopperendo ai relativi calcoli altrimenti necessari per determinare le loro posizioni, ovviamente secondo le curve teoriche allora ipotizzate.
Funzioni essenzialmente analoghe avevano alcuni strumenti della marineria, fra i quali va menzionato l'astrolabio, con il quale in pochi secondi era possibile ottenere risultati altrimenti assai faticosi da elaborare in ordine alla posizione (punto nave) ed all'ora del giorno, con istintiva e sottintesa applicazione della trigonometria nautica ai dati di base della posizione degli astri. Memorabile in proposito resta l'opera degli astrolabisti moreschi, soprattutto quelli della Scuola di Siviglia, che fra il Duecento ed il Trecento realizzarono macchine di estrema complessità e raffinatezza (anche estetica).
Nel 1632 il matematico inglese William Oughtred realizzò il regolo calcolatore, con il quale, grazie alle teorizzazioni sui logaritmi di Nepero, si rese immediata la resa pratica di operazioni matematiche.
Poco dopo, sempre intorno alla metà del XVII secolo, il filosofo francese Blaise Pascal realizzò la sua celebre Pascalina, ottimizzata per operazioni di somma e sottrazione; sulla base di questa, non tardò Leibniz (1673) a realizzare una macchina capace di moltiplicare e dividere. Tra le prime macchine in grado di eseguire i calcoli in modo automatico attraverso ingranaggi meccanici mossi da contrappesi, figura anche quella inventata e realizzata nel 1709 dal veneziano Giovanni Poleni.[1]
L'ingegnere tedesco J. H. Müller in un libro pubblicato nel 1786 descrisse l'idea di una macchina da calcolo in grado di effettuare le quattro operazioni fondamentali (addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione) settando i valori e mettendola in funzione girando una maovella a mano, finché la macchina dava il risultato finale. Müller non poté mai realizzare la macchina per mancanza di fondi.
Nell'Ottocento si svilupparono i rudimenti dell'elaborazione basata sul sistema numerico binario (0,1) e le schede perforate, e ne nacquero i primi applicativi.


Una parte della macchina differenziale di Charles Babbage
Nel 1833 Charles Babbage (1791-1871) progettò la Macchina Analitica, il primo vero calcolatore programmabile, in senso moderno, della storia. Venne realizzato solo il mulino, la CPU, ma non ne fu mai realizzato un prototipo completo. Era il primo esempio di macchina con un'unità di memoria ed un'unità di calcolo.
Nel 1842 la contessa di Lovelace, Ada Byron (1815-1852), figlia del poeta Lord Byron, scrisse i primi programmi della storia pensati per la macchina analitica di Babbage.
Nel 1854 il maestro di scuola elementare irlandese, George Boole (1815-1864), inventò il codice binario. Nacque l'algebra booleana.
Nel 1858 la prima macchina differenziale mise piede sul territorio degli Stati Uniti, dato che l'Osservatorio astronomico di Albany importò il calcolatore automatico meccanico realizzato dagli svedesi Goerg ed Edward Scheutz, basato sul progetto di Babbage e da quel momento gli americani cercarono di sviluppare in proprio i filoni di ricerca scientifica e tecnologica.[2]
Nel 1889 Herman Hollerith (1860-1929) brevettò l'utilizzo di schede perforate la cui lettura avveniva mediante l'analisi di circuiti elettrici (chiusi in corrispondenza dei fori della scheda) e fondò nel 1896 la società Tabulating Machine Company, che nel 1924 sarebbe divenuta la IBM. La macchina di Hollerith fu utilizzata per l'elaborazione del censimento degli Stati Uniti.
Nel 1904 John Ambrose Fleming inventa il tubo a vuoto, progenitore delle valvole termoioniche

lunedì 15 agosto 2011

Madonna e la moda anni '80

Inutile negarlo, quando oggi vediamo come eravamo vestiti e come portavamo i capelli negli anni ’80 ci chiedevamo come facevamo ad avere un gusto tanto cattivo.
In realtà gli anni ’80 erano caratterizzati da una moda che aveva il suo perché. Louise Veronica Ciccone in arte Madonna, nostro indiscutibile mito, è probabilmente una delle artefici della moda femminile anni ’80. Il suo modo di vestirsi e di porsi, le sue calze strappate ed i monili di richiamo religioso, i suoi capelli parzialmente biondi unito al suo straordinario carattere sono stati i motivi che l’hanno resa un icona non solo per gli uomini ma anche per le donne. Il meglio l’ha dato nel periodo di Into the Groove che ricordiamo con una foto.

Giacche con gli spallini (detti anche “spencer” ed indossati anche dai maschi), camice con i farpali in stile “new romantic”, jeans Levis Strauss modello 501 spesso insaccati nel sedere, cinture el charro, felpe “Best Company” (rigorosamente infilate nei pantaloni) o con sotto una camicia rimboccata all’altezza della manica, capelli cotonati per le donne o lunghi dietro e davanti ma rasati lateralmente…sono cose che vi dicono qualcosa?
In realtà gli anni ’80 sono proprio unici, anche se traggono un po’ di vaga ispirazione dagli anni ’50 proprio come il grunge degli anni ’90 si ispira agli anni ’60. Il glamour è racchiuso in dettagli come gli scalda muscoli indossati sopra i jeans per le donne, i piumini senza maniche Moncler con barchette Timberland da paninaro, cravatte di cuoio da cow boy per il truzzo uomo, giacche vistose azzurre o arancioni con sotto una maglietta nera alla Don Johnson, ricami con i fiorellini ai jeans, magliette senza maniche e tonnellate di braccialettini di plastica ai polsi, scarpe converse o Air Jordan da basket ed altre robe chic che ormai sono impensabili.
Quelli erano i tempi gli uomini iniziavano a farsi le lampade (o magari si mettevano rimmel e cerone pur essendo etero) ed in cui le donne iniziavano a depilarsi sotto le ascelle con cura.
Insomma, se ci pensiamo bene, la moda anni ’80 aveva il suo perché e prima o poi ritornerà!

La più grande rassegna dedicata al "noi che...."

- Noi, che le nostre mamme mica ci hanno visti con l'ecografia.
- Noi, che a scuola ci andavamo da soli e da soli tornavamo.
- Noi, che la scuola durava fino alla mezza e poi andavamo a casa per il pranzo con tutta la famiglia (si, anche con papà).
- Noi, che eravamo tutti buoni compagni di classe, ma se c’era qualche bullo, ci pensava il maestro a sistemarlo sul serio.
- Noi, che se a scuola la maestra ti dava un ceffone, mamma a casa te ne dava 2.
- Noi, che se a scuola la maestra ti metteva una nota sul diario, a casa era il terrore.
- Noi, che quando a scuola c'era l'ora di ginnastica partivamo da casa in tuta, tutti felici.
- Noi, che avevamo le tute lucide acetate dell’Adidas che facevano fico, ma erano pure le uniche.
- Noi, che la gita annuale era un evento speciale e nelle foto delle gite facevamo le corna ed eravamo sempre sorridenti.
- Noi, che le ricerche le facevamo in biblioteca, mica su internet.
- Noi, che la vita di quartiere era piacevole e serena.
- Noi, che andare al mare nei sedili posteriori della 850 di papà o nella 1100 di nonno era una passeggiata speciale e serbiamo ancora il ricordo di un bagno “pulito” a Rimini o a Fregene.
- Noi, che alla Domenica andavamo sempre al ristorante, perché ogni papà poteva permetterselo, oppure i nonni ci portavano le “pastarelle”.
- Noi, che facevamo 4 mesi di vacanza al mare, da Giugno a Settembre.
- Noi, che non avevamo videogiochi, né registratori, né computer. Ma avevamo tanti amici lo stesso.
- Noi, che per cambiare canale alla TV dovevamo alzarci e i canali erano solo 2.
- Noi, che andavamo a letto dopo Carosello.
- Noi, che sapevamo che era pronta la cena perché c'era Happy Days e Fonzie.
- Noi, che guardavamo allucinati il futuro con “Spazio 1999”.
- Noi, che se la notte ti svegliavi e accendevi la TV vedevi solo il monoscopio Rai con le nuvole o le pecorelle di interruzione delle trasmissioni.
- Noi, che ci sentivamo ricchi se avevamo 'Parco Della Vittoria e Viale Dei Giardini'.
- Noi, che i pattini avevano 4 ruote e si allungavano quando il piede cresceva.
- Noi, che chi lasciava la scia più lunga nella frenata con la bici era il più fico e che se anche andavi in strada non era così pericoloso.
- Noi, che dopo la prima partita c'era la rivincita, e poi la bella, e poi la bella della bella.
- Noi, che avevamo il 'nascondiglio segreto' con il 'passaggio segreto'.
- Noi, che giocavamo a nomi-cose-animali-città.
- Noi, che ci divertivamo anche facendo Strega-comanda-colori.
- Noi, che ci mancavano sempre 4 figurine per finire l'album Panini (celò, celò, celò, celò, celò, celò, mi manca!).
- Noi, che suonavamo al campanello per chiedere se c'era l'amico in casa, ma che a quelli degli altri suonavamo e poi scappavamo.
- Noi, che compravamo dal fornaio pizza bianca e mortadella per 100 £ire (= € 0,050!) e non andavamo dal dietologo per problemi di sovrappeso, perché stavamo sempre in giro a giocare.
- Noi, che bevevamo acqua dal tubo del giardino, non dalla bottiglia PET della minerale ed un gelato costava 50 £ire (pari a € 0,025!).
- Noi, che le cassette se le mangiava il mangianastri, e ci toccava riavvolgere il nastro con la Bic.
- Noi, che sentivamo la musica nei mangiadischi sui 45 giri vinile (non nell’Ipod) e adesso se ne vedi uno in un negozio di modernariato tuo figlio ti chiede cos'è.
- Noi, che al cinema usciva un cartone animato ogni 10 anni e vedevi sempre gli stessi tre o quattro e solo di Disney.
- Noi, che non avevamo cellulari (c’erano le cabine SIP per telefonare) e nessuno poteva rintracciarci, ma tanto eravamo sicuri anche ai giardinetti.
- Noi, che giocavamo a pallone in mezzo alla strada con l'unico obbligo di rientrare prima del tramonto.
- Noi, che trascorrevamo ore a costruirci carretti per lanciarci poi senza freni, finendo inevitabilmente in fossi e cespugli.
- Noi, che ci sbucciavamo il ginocchio, ci mettevamo il mercurio cromo, e più era rosso più eri fico.
- Noi, che giocavamo con sassi e legni, palline e carte.
- Noi, che le barzellette erano Pierino, il fantasma formaggino o c’è un francese-un tedesco-un italiano.
- Noi, che c'era la Polaroid e aspettavi che si vedesse la foto.
- Noi, che la Barbie aveva le gambe rigide.
- Noi, che il 1° Novembre era 'Ognissanti', mica Halloween.
- Noi, che l'unica merendina era il Buondì Motta e mangiavamo solo i chicchi di zucchero sopra la glassa.
- Noi, che il Raider faceva concorrenza al Mars.
- Noi, che a scuola le caramelle costavano 5 £ire.
- Noi, che si suonava la pianola Bontempi.
- Noi, che la Ferrari era Lauda e Alboreto, la McLaren Prost, la Williams Mansell, la Lotus Senna e Piquet e la Benetton Nannini e la Tyrrel a 6 ruote!
- Noi, che la penitenza era 'dire-fare-baciare-lettera-testamento'.
- Noi, che ci emozionavamo per un bacio su una guancia.
- Noi, che il Ciao e il Boxer si accendevano pedalando.
- Noi, che nei mercatini dell'antiquariato troviamo i giocattoli di quando eravamo piccoli e diciamo "guarda! te lo ricordi?" e poi sentiamo un nodo in gola.
- Noi, che siamo ancora qui e certe cose le abbiamo dimenticate e sorridiamo quando ce le ricordiamo.
- Noi, che vivevamo negli anni di piombo, in mezzo ad inaudite violenze per lotte sociali e di classe.
- Noi, che votavamo per i partiti della 1° Repubblica: MSI, DC, PRI, PLI, PSI, PCI, e non per 70 diversi gruppi dai nomi fantasiosi.
- Noi, che trovammo lavoro tutti e subito. E ci sposammo presto.

Noi, che siamo stati tutte queste cose e tanto altro ancora.